Canzoni nuove, o almeno copiate. Partiti rifatti, aggregati
o restaurati. Trovare un denominatore dispari tra il
vecchio Festival della canzone italiana e le prossime
elezioni è cosa ardua, se non futile. Calo degli
ascolti da una parte, prevedibile fuga dalle urne dall'
altra. Di certo, dal palco con orchestra della città
dei fiori, come dai palchetti delle
campagne
elettorali, sentiremo tanti ritornelli. Ne canteranno
delle belle, ne conteranno delle balle...
Auditel della kermesse canora che piange, fiori che
appassiscono. Una formula nuova che acqueti gli sponsor,
i discografici e la municipalità locale è
un equilibrio difficile, tutto da reinventare. A meno
che si torni alla consumata formula delle tre serate
piene, pochi stornelli e tante note. Sul fronte della
creatività elettorale, d' altro canto, ce n'è
per tutti i gusti. Partiti, partitini e partitozzi hanno
depositato i simboli: si va dal "No monnezza in
Campania" al "Casinò centro Italia"
transitando per un curiosissimo "Partito impotenti
esistenziale". Dire che il nostro sistema politico
si basa su un bipartitismo imperfetto è sempre
più inesatto. La novità maggiore naturalmente
è lo sfondamento al centro, favorito dagli abboccamenti
trasversali del VW nazionale col sempiterno mister B
(errore procedurale enorme: chi si propone come nuovo
non va a cercarsi il vecchio dall' altra parte come
interlocutore). La rinascita della Balera bianca?
In fondo, sono solo canzonette...